In terre vicine

Diari dall‘alto delle nuvole

[Gli italiani] certo vanno in montagna, ma solo per un picnic vicino all'auto
Iris Kürschner - Dieter Haas, GTA Grande Traversata delle Alpi, München 2013 (trad. R. Falco)
Muzzerone - Parco Naturale Regionale di Porto Venere
Muzzerone - Parco Naturale Regionale di Porto Venere

Solang ich mich noch frisch auf meinen Beinen fühle,
Genügt mir dieser Knotenstock.
Was hilft’s, daß man den Weg verkürzt!-
Im Labyrinth der Täler hinzuschleichen,
Dann diesen Felsen zu ersteigen,
Von dem der Quell sich ewig sprudelnd stürzt,
Das ist die Lust, die solche Pfade würzt!

Finché mi sentirò ben saldo sulle gambe
mi basterà questa mazza nodosa.
Abbreviare la strada, perché?
Nel labirinto delle valli
perdersi, poi scalare quella rupe
dove eterna precipita, e schiuma, la sorgente:
questo mi godo, camminando!


J. W. von Goethe, Faust, notte di Valpurga (trad. F. Fortini)

Così dice Faust a Mefistofele, che invece avrebbe voluto salire sul Brocken in automobile. Anche per me è un piacere e una passione camminare, per ascoltare ciò che i luoghi hanno da raccontare.

Il Salto della Lepre da Punta dei Marmi

Visto il luogo in cui abito, nel fuoco dell’arco delle Alpi Occidentali, vado quasi sempre in montagna. Ma come si vede dalla foto a fianco, l’interesse è più ampio. A me piacciono i luoghi in cui l’uomo è solo uno degli agenti che modellano il paesaggio. Vivo in una zona in cui ogni millimetro quadro è segnato da attività umane, e non credo di essere il solo, se c’è chi ha proposto di chiamare Antropocene la nostra era geologica. Gli ambienti artificiali creati dall’uomo sono così pervasivi da essere diventati un importante fattore dell’evoluzione delle specie, per selezione non più tanto naturale. In Italia non esistono luoghi in cui l’uomo è completamente assente: pensate che durante la Prima Guerra Mondiale l’esercito austriaco si adattò a vivere dentro il ghiacciaio della Marmolada e oggi si può acquistare una bottiglia di minerale a 4000 metri. Ma esistono posti in cui l’uomo deve limitarsi a coabitare. Questi si trovano indifferentemente a tutte le quote. Non mi reco lì per svolgere attività fini a se stesse, che li sfruttano solo come sfondo, ma piuttosto per godere di quello che offrono: i panorami di un poggio, la luce dopo un temporale, il silenzio di una nevicata, il fischio del vento, i fugaci incontri con i selvatici, i colori e il profumo dei fiori, ma soprattutto i racconti orali e materiali che persone e luoghi sussurrano. Per quello che mi riguarda, il modo di andare non deve costringere a concentrarsi sul gesto tecnico, ma essere naturale, spontaneo, per permettere di concentrarsi sul posto visitato.
Non è facile, per chi ha il fondoschiena cucito a un sedile, e della montagna conosce solo i ristoranti accanto al parcheggio, percepire la differenza tra un paesaggio osservato vivendoci nel mezzo piuttosto che visto scorrere tra due isole di interesse, come quando si va in auto da un punto a un altro. Non è più un film che ci passa davanti fuori dal nostro controllo, che non possiamo fermare e interrogare, ma è invito continuo alla sosta e all'esplorazione. (Certo c’è anche chi cammina come se andasse in automobile, ma non è a loro che è mirato questo sito.) Per costoro non è per niente facile comprendere il piacere di muoversi con le proprie gambe lontano dalla civiltà moderna e dalle sue comodità, di prendersi la pioggia o di sbucare sopra le nuvole dopo due ore nella nebbia fitta, di farsi cuocere dal sole arrancando su una morena o sferzare dal vento su una cresta, di discutere con gli amici davanti a una cartina o condividere con loro un tarallo, senza avere nulla di concreto o anche astratto da conquistare, né la gloria né un partner. Sono esperienze da provare, che a un motorizzato sembrerebbero inafferrabili: sarebbe come se un giovane monaco cercasse di capire il Nirvana dalla prima lezione del bodhisattva. Bisogna invece arrivarci per gradi, sperimentando sulla propria pelle a piccoli passi le esperienze.
Probabilmente noi sembriamo loro qualcosa di assurdo e incomprensibile, come le usanze di qualche tribù papuasica, di cui non conosciamo le premesse che li spingono a certi comportamenti per noi bizzarri. Eppure questi piaceri sono nati proprio tra i beneficiari della modernità, ma evidentemente qui in Italia non è stata ancora metabolizzata, o forse lo è stata in modo diverso che in Europa, come mostrano le rivelatorie citazioni in testa alla pagina. Questo avviene nonostante le montagne, rispetto a paesi di consolidata tradizione escursionistica, come la Francia, la Germania e la Gran Bretagna, occupino una parte molto più consistente del territorio, una porzione tuttavia marginale per la cultura e le istituzioni.
Nel 1820 il conte di Mezzenile scriveva a proposito dei suoi vagabondaggi sui sentieri nelle Valli di Lanzo: «Di qui la copiosa scaturigine di mille piaceri morali che non saprei definire, assolutamente ignoti a tutti coloro che non conoscono queste regioni alte della terra». Sono parole ancora attuali.

Questo sito raccoglie i racconti e le foto di alcune escursioni che ho condotto negli ultimi tempi. Sto imparando a camminare senza badare ai tempi di percorrenza impiegati o ai dislivelli superati, ma cercando di guardarmi intorno con consapevolezza. Questo mi ha anche consentito di riuscire a scattare delle foto accettabili. Le immagini sono precedute da una descrizione del percorso scritta da me. L’intenzione non è quella di sostituirmi alle guide escursionistiche: non troverete affatto indicazioni di dislivelli, di tempi di percorrenza, di bivi o segnaletica, a meno che non siano funzionali all’ascolto di ciò che il territorio e il viaggio mi hanno raccontato. Per chi volesse ripetere il percorso, indico le eventuali guide che ho utilizzato. Lo scopo di questo sito è invece trasmettere uno dei possibili perché girare a piedi faticando, anziché standosene seduti comodi su un mezzo motorizzato.
Perché però occupare del tempo, parecchio più lungo di quello dell’escursione, a scrivere? Un po’ è perché, dovendo pensare a scrivere un racconto, durante l’escursione mi costringo a stare più vigile, sia verso l’esterno che l’interno: riesco così a cogliere di più dall’esperienza. Un po’ è per il piacere di condividere quello che ho scoperto, che l’internet permette di estendere anche agli sconosciuti, ma affini per passioni.
Tuttavia la risposta migliore arriva dalla saggezza di un montanaro, con cui aveva parlato l’antropologo Marco Aime. Così giustificava la sua abitudine di intessere gerle durante il riposo dei campi: «È roba che non rende niente, ma d’inverno cosa fai?». Riflettere sull’esperienza vissuta, andare in biblioteca a cercare libri, scartabellare (digitalmente) vecchi giornali, sono tutte attività inutili, ma che mi riempiono il tempo libero cittadino in maniera costruttiva e arricchente, come un viaggio sui sentieri. Mi permettono di trovare cose diverse e complementari a quelle che scovo nei boschi, di viaggiare nel tempo oltre che nello spazio.

Giorgio, alpe Chiaromonte

I racconti sono una miscela di parole e immagini. I due registri sono diversi e complementari: non tutto ciò che attira l’attenzione dell’escursionista è rappresentabile efficacemente in una foto, né una buona foto può essere tradotta in parole altrettanto seducenti. Per questo non cerco di fotografare tutto quello che vedo e nemmeno tutto quello che mi colpisce, ma mi limito alle frasi che possono essere rese nel linguaggio proprio della fotografia. Qualunque fotografo alle prime armi ha imparato a proprie spese che una bella scena non diventa per forza una foto che rievoca le sensazioni dell’esperienza originaria. Non di rado mi è capitato di tornare da gite bellissime senza buone foto, sia perché il nostro sistema occhi-cervello e la macchina fotografica sono strumenti di acquisizione abbastanza diversi, ma anche perché l’aspetto visuale è solo una parte di un’escursione piacevole. Ad esempio, adoro camminare sotto una pioggia leggera, ma in quei momenti di solito il cielo è una poltiglia lattiginosa che rovina qualsiasi soggetto. Oppure, l’esperienza avvolgente di una foresta solo con opportune luci può essere convertita in una forte immagine bidimensionale. Per fortuna, invece, esperienze toccanti in genere mi aiutano a scrivere resoconti coinvolgenti. Per questo, la scelta delle gite incluse talvolta è condizionata dalla mia abilità di evocare le esperienze vissute con le immagini e le parole più che dall’interesse del percorso.
Come vedrete, di solito mancano le foto delle persone. Non è perché ami andare da solo: anzi, lo faccio raramente, solo quando l’alternativa sarebbe starmene a casa a contare le auto sulla tangenziale. Non è solo questione di sicurezza, ma piuttosto la possibilità di imparare dal modo degli altri di vivere la natura. Infatti molto di quello che si legge in questo sito non è farina del mio sacco, ma nasce da quello che ho appreso grazie al confronto con i compagni di viaggio, oltre che da amici sconosciuti autori di libri e articoli, che mi hanno insegnato a leggere gli ambienti che attraverso.
Vedrete infatti che compaiono delle persone quando la loro presenza crea o sottolinea un’emozione legata all’esperienza.

Nel Regno del Prete Gianni dove abito si può visitare ad un’infinità di meraviglie, anche solo con gite di uno-due giorni: laghi glaciali, faggi capitozzati, eriofori, creste, mareggiate, chiese arroccate, morene, mirtilli, seraccate, tetti a piode, formiche rufe, valli sospese, cenge aeree, nebbie autunnali, orridi, scogliere, vigneti terrazzati, vie di pietra, silenzio, ginestre. Magari voi pensate che sotto i portici ci sia un mare di roba da vedere, ma è una bazzecola in confronto ai sentieri: prendete l'asciugamano e seguitemi. Come al circo Barnum, spero troviate tutti qualcosa di vostro gusto.

Ultime escursioni

 Barme, fourest, jumarre e chaouvie
Angrogna è uno di quei paesi senza un vero concentrico, poiché è invece formata da tantissime frazioni equipollenti, diffuse a macchia sui pendii più propizi all'insediamento e all’agricoltura. Il territorio comunale include un’intera valle prealpina, breve e incassata, di difficile accesso a dalla pianura e senza sbocchi oltre lo spartiacque. Dalle colline all'estremità occidentale della Pianura Padana, dove si coltivano la vite e gli ulivi, sale in pochi balzi fino a quasi 3000 m, dove il consumo frequente della carne degli stambecchi conferiva agli alpigiani «una meravigliosa dispsizione dei loro corpi e soprattutto della gamba» e qualche goccia del loro sangue sciolta nel vino combatteva la depressione
 Nel paesino di Sant'Ilario
Io ignoro del tutto e lei ha dimenticato che la stazione di Sant'Ilario esiste realmente ed è a due passi da qui, per cui la manchiamo clamorosamente
 Valmalenco
Qui siamo nel regno della ganda

Ultime cronoescursioni

L'aurora
Avevo dimenticato che ho bisogno ogni tanto di fermarmi e aspettare la luce
Tende nere
Al termine delle feste
Alla Vaccera si va in auto a mangiare

Dall’archivio delle escursioni

 Monte Vailet 2613 m
Chiedo se mi possono dare una cena. «Vuole una pasta o delle cosette buone che faccio io?» mi chiede la signora. Senza neanche riflettere opto per le seconde e ceno senza sapere cosa mi attende alla portata successiva, ma senza il rischio di delusioni. Intanto una flautista francese accompagna il mio pasto con la Syrinx di Debussy e altri brani. Nel frattempo ho preso a sentire così freddo da aver bisogno del pile: che gioia!
 Il vallone del Roc
Gli anelli del vallone del Roc sono escursioni con molti sapori. Portano in zone poco frequentate e paesaggisticamente molto belle, dove è anche facile avvistare animali selvatici. In più raccontano storie che partono dalle cacce reali di metà Ottocento e arrivano fino agli ultimi abitanti di borgate sperdute, passando per una campale battaglia partigiana e alpinisti ribelli
 Vallone di Loo
Resto assorto ad ammirare la valle sotto di me, con una torbiera e più sotto l'alpeggio di Ober Loo. Da qua si vede bene la diversa conformazione della valle a destra, scavata a V dal torrente, da quella scavata a sinistra dal ghiacciaio, dal fondo molto più ampio e con un laghetto chiuso da dossi montonati, che potrebbe essere stata la base di un circo glaciale

Dall’archivio delle cronoescursioni

Altopiani dela Meja e della Gardetta
Le Alpi occidentali sono in genere parecchio ripide e queste zone più pianeggianti e aperte sono quasi un unicum
Discesa blu
Doppi guanti e strati a gogo, ci tuffiamo nel blu della sera, confidando che la luce del primo quarto di luna ci perdoni il sonno mattutino
Il decalogo dell'escursionista
Queste leggi non le ho mai trovate incise su nessuna tavola, ma le ho viste rispettate religiosamente dalla maggioranza silenziosa degli escursionisti

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Sergio Chiappino

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