Luci sull'uscio
«Se mi dessero 100.000 € per andare via, resterei qui», mi disse un vecchio mentre tornava da una passeggiata ai centri commerciali, di cui uno in abbandono, e mi vide ingombrare il marciapiede con il cavalletto montato, per fotografare la luna piena che sorgeva dietro la ruota panoramica con vista su capannoni, tangenziale e inceneritore.
Era una delle volte in cui tentavo di catturare la luce, intesa nel senso fotografico di fenomeni astro-meteorologici che trasfigurano per brevi istanti il mondo terrestre, nella periferia in cui vivo: aurore e tramonti, la sempre più rara neve, piogge e arcobaleni, persino la luce artificiale che quaggiù ci priva della notte. Senza dimenticare i frettolosi passaggi dei pedoni e dei mezzi motorizzati lungo le strade.
Ho sempre meno voglia di alzarmi alle 3, guidare due ore e riprendere la luce dai monti, perché con la vecchiaia incipiente non sopporto un tale sacrificio per trascorrere nella natura unicamente il breve lasso di tempo necessario a scattare qualche foto, ma a quel punto voglio stare a zonzo dall'alba al crepuscolo (escursionismo e fotografia di paesaggio sono generalmente incompatibili per attrezzatura necessaria, percorsi e orari).
Non sarò mai abbastanza grato a Roberto Bondavalli, un collega fotoamatore conosciuto solo per corrispondenza all'epoca dei forum, ad avermi ispirato a farlo tra gli anonimi dormitori e i capannoni commerciali anziché nel fulgore juvarriano del centro storico.





































