Rifugio De Gasperi-rifugio tenente Fabbro

Forcella Lavardêt

18 luglio


Casera Campo
Casera Campo

Diario di viaggio

Al mattino ripercorriamo in discesa lo stretto canalone di slavina di risalito ieri. Al prato con casera diroccata, dove ieri ci siamo ricongiunti a questo sentiero, prendiamo in discesa. In rifugio ci è stato segnalato un problema di dilavamento analogo a quello incontrato ieri nell'ultimo tratto, anche se per pochi metri. Probabilmente è lo stesso canalone. Tengo a portata di mano la corda che mi accompagna in questo trek, perché il gestore ci ha consigliato di ancorarla ai mughi e assicurarci con un Prusik, in caso avessimo difficoltà. Tuttavia la traccia residua è ben incavata, molto più marcata che ieri, per cui nessuno ha problemi e neanche timori.
Prima della zona dilavata c'è una buia faggeta. Qui il tronco dei faggi non è spoglio come dalle mie parti, ma grazie al clima più piovoso la corteccia è colonizzata da muschi e licheni. Su uno individuo la Lobaria Pulmonaria, un raro cianolichene che ha bisogno di molta acqua e aria pulita per sopravvivere. In Piemonte è estinto a causa dell'inquinamento, mentre sopravvive sui castagni da frutto di qualche zona remota delle montagne liguri. È l'unico che riesco a riconoscere a occhio nudo e anche quasi l'unico per cui questo genere di riconoscimento è possibile, a quanto mi dicono gli esperti, perché di solito servono strumenti più fini. La faggeta è seguita da una pecceta. Più avanti sbuchiamo in ambiente più aperto e quindi sui prati di casera Mimòias, dove le vacche pascolano ai piedi di pareti rocciose. Un luogo incantevole, dove però quasi nessuno pare aver voglia di fermarsi dieci minuti. La casera è raggiunta da un strada, che scende dolcemente in un ambiente molto verde di prati e abeti. A un trivio prendiamo in salita e in pochi minuti siamo alla forcella Lavardet, dove passa una sterrata. La strada è formalmente chiusa al traffico, ma, in assenza di sbarra, il solo cartello di divieto non dissuade auto e moto dal percorrerla.
Svacchiamo all'ombra, perché oggi la temperatura è salita decisamente rispetto a ieri. Il caldo si protrarrà e accentuerà nei prossimi giorni, al punto di poter fare a meno del pile anche la sera. Scendiamo verso il Cadore lungo la strada, di evidente impronta militare. Al primo bivio prendiamo a sinistra e su asfalto raggiungiamo casera Campo, una bellissima costruzione ai margini di un pascolo. È deserta e abbandonata. La strada torna sterrata e si inoltra in un bosco di abeti bianchi. Dapprima procede in piano, quindi sale ad ampi tornanti. Confrontando le cartine del 2008 e del 2014, si vede che fino a non molto tempo fa era una mulattiera. Il bosco sarebbe stato più godibile, se si fosse preservata. Non si capisce perché sia stata trasformata in strada, dal momento che i due estremi sono già raggiunti da altre carrozzabili e in mezzo non c'è nulla. La noiosità del tragitto porta la testa del gruppo a procedere a passo incalzante, senza neanche bere nonostante il caldo.
Dopo innumerevoli e interminabili tornanti, sotto il sole a picco, sbuchiamo nei prati di Casera Sottopiova. In breve siamo alla strada asfaltata e quindi al rifugio. Aver corso così tanto ci consente di pranzare con le gambe sotto a un tavolo, insieme a turisti, ciclisti e motociclisti. Dato che c'è un'unica doccia per tutti i quattordici, sporchi e puzzolenti dopo la siccità di ieri, ci dividiamo spontaneamente tra chi la fa subito e chi dopo pranzo. Quindi laviamo e stendiamo. Nel pomeriggio ci annoiamo ciascuno a suo modo, chi con una birra e chi con un tè. Le nuvole vanno e vengono; a est compare un pezzo di arcobaleno. A ora di cena il cielo si chiude e scarica un rovescio, ma poi schiarisce in fretta.

Galleria fotografica

Canalone di slavina
Canalone di slavina
Casera Mimoias
Casera Mimoias

Casera Campo
Casera Campo
Casera Sottopiova
Casera Sottopiova
Tramonto dal rifugio
Tramonto dal rifugio

© 2008-2024
Sergio Chiappino

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