Farindola-Campo Imperatore

Vado di Siella

27 maggio


Campo Imperatore da Vado di Siella
Campo Imperatore da Vado di Siella

Diario di viaggio

Scendiamo al torrente attraverso il paese vecchio, quasi del tutto disabitato, se non fosse per qualche casa raggiungibile in automobile. Gli abitanti vivono invece in case moderne sorte al di sopra del nucleo storico. Dalla base del paese seguiamo la vecchia mulattiera, un po' invasa dalla vegetazione. Nel cortile di una casa, una vecchia in abito tradizionale seduta su una sedia, vedendoci carichi di zaini, ci invita a riposarci con lei. Nelle ultime case del paese due vecchie riconoscono Daniele e gli fanno un sacco di feste. Ci spiega che non sono sue parenti, ma, quand'era piccolo, i ragazzi giravano liberi per le frazioni e tutte le famiglie badavano a quelli che passavano nella loro zona, indipendentemente dai legami di sangue. Per questo si creavano legami affettivi con tutto il paese.
Superiamo il fiume Tavo e siamo alla frazione Centrale, che prende il nome dalla prima centrale idroelettrica d'Abruzzo, tutt'ora in funzione. Saliamo nel bosco lungo un vecchio tracciato che conduce verso la val d'Angri. Qui una volta era tutto coltivato, come suggeriscono i terrazzamenti in rovina che bordeggiano il sentiero. Con una piccola deviazione, Daniele ci porta al terreno del padre e ci mostra il pozzo che avevano scavato. Gli edifici, invece, sono invasi dalla vegetazione e non sono accessibili. La vita qui era ben grama: il padre malediceva ogni giorno la terra che doveva lavorare. Oltre che le colture, sono sempre state importnti le pecore, tanto che oggi esiste un pecorino DOP. Si praticava la monticazione, che qui chiamano transumanza verticale: d'estate sui monti, d'inverno non a valle, come si potrebbe pensare, ma in zone a mezza costa ben esposte al sole, dove la neve aveva vita breve.
Il sentiero costeggia un recinto faunistico e conduce alla Vitella d'Oro, una cascata che fuoriesce da una sorgente carsica e si getta nel sottostante Tavo. Vicino alla cascata parte la condotta forzata che alimenta la centrale idroelettrica. Questo prelievo, unito a quelli sempre più massicci per uso domestico, hanno via via impoverito il fiume e distrutto il suo ambiente. A ciò va aggiunto lo scavo della galleria del Gran Sasso, che ha deviato le acque sotterranee e le ha sottratte a questa zona.

Su una stradina ci inoltriamo per un breve tratto nella verde val d'Angri. Esiste anche un sentiero che sale a Campo Imperatore percorrendola tutta, ma è molto impegnativo, per cui noi oggi faremo un'altra strada. Prendiamo il caffè nel locale di un'accogliente e ciarliera signora, che ci parla delle Virtù, una zuppa di verdura molto elaborata e complicata da cucinare che si fa il Primo Maggio. Lasciamo la pista di fondovalle e risaliamo il versante sinistro, diretti a Rigopiano, per un ripido sentierino che univa le zone coltivate di questo versante. Si costeggiano molti ruderi degli stazzi, le costruzioni di servizio all'attività agricola, usate come depositi e come ricoveri in caso di necessità. Alla fine si confluisce sul tracciato di origine medievale che univa Farindola con Rigopiano, poco prima del punto in cui scompare, perché sostituito dalla moderna strada asfaltata.
Percorsone un breve tratto, raggiungiamo un ambiente tipicamente abruzzese, un prato fiorito con un abbeveratoio, attorno a cui pascolano delle vacche. Percorriamo la conca, tra prati e faggi, fino ad un nuovo abbeveratoio, dove Daniele trova un compaesano pastore, con cui discute di affari locali. Il suo compaesano approfitta dell'incontro per mandarci una macumba di pioggia e temporali, che si concretizzerà dopo qualche giorno. Una pausa pranzo ridotta all'osso e siamo di nuovo in cammino. Arriviamo nei pressi di uno scheletro di cemento, un ostello mai avviato e meticolosamente saccheggiato di ogni suppellettile.
Di qui si stacca sulla sinistra un sentiero segnalato che risale a tornanti graduali un'incantevole faggeta. Corre più o meno fedelmente lungo il confine tra le province di Teramo e Pescara. Purtroppo all'imbocco manca la palina indicatrice, perché è stata divelta. In alto, dove il sentiero si affaccia su un vallone, si trova una piccola zona delimitata da una specie di filo spinato, ma rivestito di gomma. Era una trappola per scoprire se la zona è frequentata da orsi: al centro c'era del miele e l'orso entrando avrebbe dovuto lasciare qualche pelo sul filo. Non ne è stato mai trovato.

Ancora una breve salita, con alternanza di bosco e prato (vediamo una peonia appena fiorita) e sbuchiamo in un'ampia conca. Tira un vento non freddo ma teso, che ci accompagnerà per le due mezze giornate a Campo Imperatore. Indossiamo la giacca al riparo di grossi massi e affrontiamo l'ultimo strappo per il Vado di Siella, per il momento più emozionante del viaggio: la vista di Campo Imperatore dall'alto. È solo una minuscola porzione di quello che Fosco Maraini ha definito il “Piccolo Tibet”, una sconfinata distesa verde; i cumuli che corrono veloci vi disegnano errabonde macchie scure frastagliate.
Prima di scendere ringraziamo Daniele delle sue chiacchiere, come lui chiama i racconti sui suoi luoghi, e lo salutiamo. Deve infatti scendere a Farindola a piedi, perché stasera non ha un passaggio per tornare da Campo Imperatore.
Il sentiero in breve ci porta ai margini della distesa verde. Per prima cosa dobbiamo superare l'avvallamento di una fiumara asciutta. Questi torrenti sono attivi solo nei tiepidi giorni di fine inverno, quando si scioglie la neve: anche solo per un giorno diventano tumultuosi, per poi tornare distese riarse per il resto dell'anno. In ordine sparso attraversiamo il prato battuto dal vento. L'erba è ancora bassa, per cui è troppo presto per le pecore. In questa zona ci sono però molti tumuli delle talpe, assenti invece in altre.
Ci fermiamo al ristoro in mezzo al nulla, dove provo un boccone di marcetto. In origine si trattava del pecorino andato a male, con tanto di larve; naturalmente con le norme igieniche di oggi questo formaggio è illegale (anche se in certi posti pare sia possibile rimediarlo), ma si è riusciti a riprodurre il processo mantenendo la sterilità dell'impasto. Il risultato è molto saporito e gradevole, anche se ci può essere molta differenza di qualità tra i diversi produttori: in effetti quello che ci serviranno al rifugio stasera sarà molto meglio di quello assaggiato qui.

Non è ancora finita: anzi, non sappiamo che ci aspetta ancora una lunghissima cavalcata in un ambiente da Far West (non a caso qui hanno girato parecchi spaghetti western). Superiamo alcuni dossi e ci infiliamo in una gola calcarea di un torrente, ora secco, che finisce in un inghiottitoio carsico. L'ambiente arido e bianco ha un notevole fascino. In certe zone il corso d'acqua è delimitato, in altre si allarga e invade tutto il fondo. Purtroppo non possiamo ammirare il canyon con la bella luce che ci sarebbe a quest'ora, perché il cielo si è coperto. Quanto mi piacerebbe essere qui in una notte di luna! Superata la zona dell'inghiottitoio, a cui non faccio caso, troviamo un fondo di sabbia fine compatta, che comincia a essere un po' umida. E infatti, passato indenne il punto più stretto della gola, troviamo il fondo invaso da un ristagno d'acqua. Per fortuna è guadabile e aggirabile; così non ci tocca risalire alla strada.
Terminata la ghiaia, comincia una valle (chiamata Cortina) dal fondo erboso completamente tappezzato di ranuncoli gialli, che si estendono all'infinito. Dopo un po' mi accorgo che camminiamo da sette ore e mezza e non si vede nulla all'orizzonte. Come me se lo chiedono i miei compagni di avventura: un'euforica disperazione ci pervade. Ai ranuncoli seguono le viole, mentre le nuvole assumono decise i colori del tramonto.
L'accompagnatore vede un punto di riferimento che gli suggerisce che il rifugio è vicino. Finalmente, da sopra un dosso lo vediamo anche noi, adagiato accanto al lago Racollo. La gestrice, una trentenne dai modi molto spontanei, è in pieno fermento non solo per il nostro arrivo, ma soprattutto perché un cugino è nella finale di un programma sulla TV nazionale. Mentre serve a tavola non si perde un solo minuto del confronto. Purtroppo non può televotare, perché qui il cellulare non prende e il fisso è satellitare, ma ha mobilitato tutti i parenti e i contatti per sostenere il cugino. Resterà sveglia fin dopo mezzanotte per scoprire come va a finire. Male, purtroppo: nulla si può contro una Deborah con l'acca finale. A cena ci servono implacabilmente carne di pecora, che stavolta evito, ma per fortuna siamo entrati nella zona degli altopiani coltivati a leguminose, cosicché nessuno ci può negare la prima zuppa di ceci.

Intanto che la gara entra nel vivo, indosso tutti gli strati e esco con macchina fotografica e cavalletto, perché il cielo si è sgombrato di nubi e si prospetta un gran stellata, in questa sera senza luna. Fuori fa abbbastanza freddo, ma il vento si è placato. Mi stupisce vedere, in questo luogo remoto, le ultime nubi a est illuminate dalle luci della costa, ma per fortuna il cielo sopra i monti è buio. Ho patito un po' di freddo ai piedi, ma finalmente non rimpiango di aver portato quel cavalletto da due chili e mezzo che si incastra in tutti i cespugli.

Galleria fotografica

Farindola
Farindola
Vitella d
Vitella d'oro
Rigopiano
Rigopiano
Faggeta
Faggeta
Campo Imperatore da Vado di Siella
Campo Imperatore da Vado di Siella
Campo Imperatore da Vado di Siella
Campo Imperatore da Vado di Siella
Discesa a Campo Imperatore
Discesa a Campo Imperatore

Talpe
Talpe

Entrata nella gola
Entrata nella gola
La gola calcarea
La gola calcarea
La gola calcarea
La gola calcarea
La gola calcarea
La gola calcarea
Valle Cortina
Valle Cortina
Valle Cortina
Valle Cortina
Campo Imperatore
Campo Imperatore
Campo Imperatore
Campo Imperatore
Lago Racollo e Monte Bolza
Lago Racollo e Monte Bolza
Monte Bolza
Monte Bolza
Corno Grande
Corno Grande
Monte Prena e Monte Camicia
Monte Prena e Monte Camicia

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Sergio Chiappino

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