Stupinigi
Stanotte ho sognato di arrivare troppo tardi, a notte ormai spenta, e invece.

Era solo salutare ansia: ben prima che la stella del mattino faccia capolino all’orizzonte, già sono sveglio e posso pregustare sonnecchiando ancora mezz’ora l’immersione nella mattina di primavera. Esiliato un cinghiale dall’erba alta, così grondante rugiada da infradiciare fin quasi le mutande, trovo il punto di vista ideale a due passi dall’affollato foro dei trans. Meglio averlo raggiunto così che con un frainteso parcheggio, indubbiamente: nemmeno il 7000 mm di Minato avrebbe osato ammaliare Selene in groppa al cervo da lì.
Ultimato un ginnico montaggio in concomitanza all’apertura del sipario, non mi resta che dedicarmi ai clic al crescendo dell’alba, alternati a qualche attimo di contemplazione della luce cinerea, fino a che la stella evapora, dopo aver giocato a nascondino con una nuvoletta provvidenziale.

Per raggiungere la capezzagna dell’aurora, preferisco attraversare il prato a ritroso, piuttosto che restare asciutto ma con la barba incolta rasata dalle auto. Vesulus pinifer, Romuleus, Granta Parei, Monboso, Colosso tatamico: le vette iconiche sono tutte in vista.



A giochi fatti vorrei festeggiare le molte emozioni e rimpiangere l’unica cilecca con una gratificazione edonistica. Tuttavia nell’aurora festiva è chiuso il covo dei lestofanti, è troppo presto per l’ecoagrinaturbiosorgourbexgourmet gelateria, è disgustosa la torrefazione premiata dall’ordalia della doppia fila nelle colazioni feriali antelucane, è assonnato il contiguo kebab bacchico, è senza cielo e senza primavera la cattedrale consumista: meglio mettere quattro baccelli di cardamomo nel filtro della moka, coccolando la bestiaccina che si rotola sul tappeto e ammirando le cime innevate dalla finestra.
Ad ogni modo, non è per la luce fendente del sole ormai sorto che i miei occhi sono così luccicanti da illuminare la rugiada.
