Bosco delle Sorti della Partecipanza

L'ultimo bosco


Capodanno

Dopo un breve sonno, tra veglia con Santana a tutto volume per proteggere il gatto dai botti e la sveglia delle 5, controllo dalla webcam più vicina che la vaticinata nebbia ci sia davvero: sono stato gabbato già dieci giorni fa. Inizialmente la fortuna mi arride, tenendo gli sbronzi alla larga, ma poi, passo Verolengo e solo foschia, passo Crescentino e continuo a vedere luci lontane. Qualche banco mi illude, ma a Trino si preannuncia un'alba serena. Parcheggio comunque a Ponte d'Assi, dove trovo un surreale cartello della paranoia securitaria, secondo cui non si può accedere al bosco perché potrebbe cadere qualche albero: come se la natura esigesse un preposto come un tubo dimenticato in un controsoffitto.
La nebbia latita al punto che fa capolino il Rosa, ma mi accorgo alle spalle che l'ultima falce di luna è appena sopra l'orizzonte. Mi arrampico su un terrapieno per riprenderla prima che il chiarore la inghiotta. Alle 7,30, ben prima che sorga il sole, posso anche tornare a casa. Assaporo prima però una tisana con biscotti al capanno dei cacciatori, di cui i cinghiali si sono fatti beffe arando tutti i dintorni.
Prima di ripassare in paese, supero una Mercedes di un vecchio, che porta a spasso il cane dall'auto. La bestiola è così abituata a questa bizzarra usanza, che viene a farmi le feste al finestrino e, quando riparto dopo le coccole, gioca rasentando la mia auto, suscitandomi una certa apprensione. La faccia cicciottella e rubiconda del papà pare altrettanto gioiosa.


Maggio

Finalmente è piovuto davvero. Lascio l'auto a Madonna delle Vigne, per non infangarla sulla strada per Ponte d'Assi, e mi incammino in un verde lussureggiante, tra i richiami degli uccelli della garzaia. Il bosco è denso di verde, persino troppo per le foto, che beneficiano della vegetazione più diradata dell'autunno. Le fioriture sono passate ormai, tranne che su alcune robinie. Percorro vari sentieri della zona orientale. Ascolto molti versi di uccelli sconosciuti e forse intravedo un airone rosso. In giro solo due corridori lungo le strade principali, nessun'auto a Ponte d'Assi.
Il bianco e nero coglie i contrasti secchi della luce zenitale e delle fronde ombrose. Semplifica l'immagine per sottrazione, come deve fare il buon fotografo per mettere ordine nel caos; lascia il colore alla fantasia dello spettatore.

Sentiero Paglia
Sentiero Paglia
Sentiero Paglia
Sentiero Paglia
Rio Sanguinolento
Rio Sanguinolento

30 aprile: Madonna delle Vigne

Da un po' mi frullava in testa l'idea di fotografare le risaie in una notte di luna. Dopo una puntata al Tanaro, alla luce dei fari attraverso una Casale deserta e mi inoltro nel mare a quadretti. Sabato scorso, tornando dal Monferrato, avevo scoperto che molte risaie erano secche: durante la stagione dell'allagamento, a periodi alterni sono prosciugate per consentire alcune operazioni agricole. Tuttavia voglio provarci lo stesso. Inoltre le ultime previsioni meteo fanno temere un cielo nuvoloso; passerà invece solo qualche innocua velatura. Con Street View ho individuato una pista ai margini delle risaie su cui si riflette Madonna delle Vigne. Attorno a Cascina Ramezzana molte risaie sono all'asciutto, ma, con mio sommo gaudio, due su tre di quelle adatte alla foto sono allagate. Che colpo di fortuna! Parcheggio l'auto in uno spiazzetto minimo, col terrore di finire in acqua con una ruota, e percorro la pista erbosa verso il punto migliore. È un peccato che le foto non catturino il concerto delle rane, che mi accompagna incessante, scemando brevemente al mio passaggio per poi riprendere tosto non appena mi allontano. Così come i loro sordi tonfi in acqua e i versi striduli degli uccelli notturni, che acuti lacerano la notte.
Avevo battezzato il progetto “Operazione Autan”, ma con piacere scopro che è ancora presto. Ne sento ronzare appena una attorno all'orecchio, ma è troppo timida per morsicarmi. L'umidità invece non lesina sforzi per superare la barriera del pile e penetrarmi nelle ossa. Resisito meno di un'ora, giusto il tempo di aspettare che la brezza non increspi più l'acqua e mi consenta di immortalare il riflesso.

Madonna delle Vigne
Madonna delle Vigne
Madonna delle Vigne
Madonna delle Vigne

2 novembre: il gruppo CAI

Quando ho proposto questa escursione ho giocato d'azzardo: portare il CAI in un posto dove non ci sono cime, né dislivelli, né salite che rendono, ma “solo” l'ultimo relitto delle selve che una volta ricoprivano la Pianura Padana. A partire dal tempo dei Romani sono state a poco a poco abbattute per lasciare infine spazio alla distesa di villette ae capannoni vuoti a noi ben familiare. Qui invece un accidente della storia ne ha lasciato un piccolo lembo: fu il marchese di Casale nel Medioevo a concedere agli abitanti di Trino (i partecipanti) la possibilità di sfruttarlo per ottenere legna. Da allora i trinesi si sono trasmessi il diritto da padre a primogenito (solo da pochissimo sono state ammesse le donne) e hanno gestito in autonomia il bosco, con regole che sono cambiate di poco in tutto questo tempo. Tra queste vi è l'assegnazione per estrazione a sorte della porzione che spetta a ciascuno quando viene fatto il taglio (ecco l'origine del termine Sorti nel nome).
Per guidarci nel bosco e nei dintorni ho ingaggiato Lorena, una guida del Parco del Po, che è una fonte inesauribile di informazioni naturalistiche sul bosco e sul circostante paesaggio risicolo, nonché di aneddoti sulle loro storie. La nostra visita comincia infatti dalle risaie, di cui impariamo la ricchezza ma anche le criticità ambientali: ad esempio ci imbattiamo in un canale con sponde in cemento, più facile da tenere pulito ma inospitale per la fauna. Ci spostiamo poi a Madonna delle Vigne, una chiesa in rovina posta su una collina e per questo visibile sin da lontano. Su questo luogo circolano in paese remote leggende di energie negative e riti satanici, officiati dalle suore o da donne del paese, a seconda delle versioni (in ogni caso dal genere femminile: per qualche motivo di questo sembrano sicuri). Nei dintorni ci sono anche un laghetto di cava popolato di nitticore e la garzaia dove si riproducono gli aironi. Qui però l'accesso è vietato. In questo territorio ci sono diverse zone umide (su tutte l'oasi di San Genuario), dove vivono molte specie di uccelli acquatici, anche rari, come gli schivi aironi rossi.
Dopo una puntata alla vicina abbazia di Lucedio, ai cui monaci si deve la trasformazione del paesaggio da selva paludosa a terra agricola, ci inoltriamo nel bosco. È costituito principalmente da un consorzio di querce e carpini neri, il caratteristico bosco di pianura; tuttavia ci sono molti esemplari isolati di altre specie, anche alloctone, come la robinia e la quercia rossa. Nel corso dei secoli sono state tentate varie immissioni, con successo alterno. Del bosco visitiamo in particolare due zone: la collina della zona sud e le risorgive a nord. La collina, un dosso alto meno di trenta metri con una cresta allungata in direzione est-ovest, è una curiosità geologica, in questa terra piatta. È formata da terreno alluvionale di terra e ciottoli di fiume, come possiamo osservare in una zona arata dai cinghiali. La modesta pendenza è già sufficiente a creare sui due versanti condizioni microclimatiche diverse, che determinano un cambio di sottobosco sui due lati della dorsale. Dopo aver attraversato il bosco, vediamo un paio risorgive, tra cui una paludosa che odora di zolfo. L'acqua sorgiva si accumula poi nella zona nord della riserva, la più bassa, dove si formano così alcune aree umide. A fine gita abbiamo ancora visitato il centro didattico del parco di cascina Ressia, tra Crescentino e il Po.
Ero un po' dubbioso sull'appetibilità di questa uscita per il socio CAI medio, ma ho notato che le descrizioni naturalistiche della guida e i suoi racconti interessavano il gruppo. Ho solo dovuto frenarla quando mi ha proposto di leggere dei brani sul bosco tratti dal “Barone rampante” di Calvino, che avrebbero potuto essere troppo traumatizzanti per taluni. Inoltre i soci sono stati bravi a non perdersi nei trasferimenti in auto, nonostante fossimo fuori dalla valle di Susa. Vedrò se sarà possibile proporre altre gite in ambienti insoliti, magari coniugando l'escursionismo tradizionale con le osservazioni naturalistiche; in fondo trent'anni fa nessuno si sognava di andare sulla costa ligure, che oggi è invece una meta usuale.

Aprile

Molestando minilepri arrivo presto, così presto che nel bosco è più notte che in una notte di luna. Vago silenzioso nell'atmosfera incolore del primo chiarore.


Dopo le piogge dei giorni scorsi, mi aspetto che la foresta grondi acqua, ma resto deluso. L'aria è umida, il terreno fangoso, ma è bastata una notte mite perché solo poche gocce si attardino su foglie e fiori. Vado allora alla ricerca di qualche fioritura da fotografare. Le trovo nelle distese di aglio selvatico.
Il bosco è lussureggiante: tutto è verde. Il canto degli uccelli accompagna la passeggiata. Aironi e germani silenziosi si dileguano alla mia presenza. Solo dopo le 10 incrocio due corridori a passeggio.

Aglio
Aglio

Ottobre

«È pieno di cinghiali, ma in questa stagione non dovrebbero attaccare», mi dice un fungaiolo con il cesto pieno di mazze di tamburo. Gli ho chiesto se si può raggiungere il bosco da Madonna delle Vigne, una propaggine di Lucedio sul dosso di Montarolo.
È il periodo dei colori autunnali, dei funghi. Quest'anno è piovuto così poco in autunno, che le paludi sono asciutte, le risorgive secche, i torrenti solchi fangosi. Ma la luce radente del tardo pomeriggio penetra le chiome sfoltite dall'autunno, per accarezzare i tronchi e modellarne le forme.
Nel rifugio vicino a Ponte d'Assi un gruppo di giovani sta consumando un pranzo in compagnia. Ogni tanto qualcuno esce a respirare una boccata di tabacco o a cercare campo per il cellulare.

Sentiero di costa
Sentiero di costa
Costa all
Costa all'ombra
Sentiero paludi
Sentiero paludi


25 aprile

Questa è la stagione che mi hanno consigliato per una visita, ma mi affascina meno della mattina nebbiosa. La foresta è lussureggiante, un verde quasi oppressivo. Tanta acqua, la cosa che apprezzo di più.


Farnia
Farnia

10 marzo

Zattera sul mare a quadretti, l'ultimo relitto di foresta planiziale della Pianura Padana dorme quieto l'ultimo sonno invernale, in quest'alba nebbiosa. L'acqua lo permea: lo circonda in basso e lo ricopre dall'alto, mentre dissetano le sue radici paludi ribollenti innervate da ruscelli limacciosi. Dagli alberi gocciola la rugiada della notte.

Le querce secolari cigolano, gli uccelli cantano e picchi battono aritmicamente, le ghiandaie gridano stridule al mio passaggio, mentre i miei passi non fanno rumore, come il volo della poiana.

Solitario cammino su un viscido tappeto di fango e foglie marcite, sperando invano che la nebbia non si diradi al primo sole. È la prima volta che vengo in questo posto, una settimana dopo aver saputo della sua esistenza. La guida della vicina abbazia lo consigliava in primavera, con i fiori, ma io lo preferisco così.

È il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino.

Sentiero Crocetta
Sentiero Crocetta
Sentiero Crocetta
Sentiero Crocetta


Risorgiva
Risorgiva

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Sergio Chiappino

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