Nel paesino di Sant'Ilario

Genova

12 marzo


In un baleno

Io ignoro del tutto e lei ha dimenticato che la stazione di Sant'Ilario esiste realmente ed è a due passi da qui, per cui la manchiamo clamorosamente

Sant
Sant'Ilario

Diario di viaggio

Poiché a due anni cantava squarciagola Bocca di rosa, lei ha inserito Sant'Ilario nella lista dei posti che prima o poi vorrebbe vedere. Dopo alcuni rinvii, ci andiamo in un sabato di marzo soleggiato e senza vento, ma con promessa di onde alte fin oltre i due metri: Apollo, Eolo e Nettuno non avrebbero potuto essere più coordinati e accondiscendenti.

Il viaggio in treno scorre liscio, leggendo e scrivendo, lievemente rallentato a Novi dal cadavere di un suicida pare per amore, notato un paio d'ore prima da un macchinista, che vede ora impegnate le autorità giudiziarie per gli accertamenti. A Brignole, in attesa della coincidenza, nel forno di fiducia facciamo incetta di fugassa, che sarà l'unico nutrimento di oggi. Come rito propiziatorio ci ungiamo subito le dita consumandone un pezzo per strada; immediatamente dopo prendiamo il caffè, la cui marca è un toponimo lungo la Via del Mare tra Torriglia e Camogli, nel bar dagli angusti vani tanto liguri, in compagnia di questurini. Una fonte anonima di Sampierdarena riferisce che il vero genovese l'avrebbe inzuppata nel cappuccino, non senza litigare con il barista per averla importata dalla panetteria, dove costa meno.
Sul nuovo treno le mostro prima il Bisagno che corre sotto la stazione e interrompe il traffico ferroviario durante le periodiche alluvioni (mi hanno raccontato una storia forse leggendaria di un pullman trascinato dalla piena e rimasto incastrato nei tunnel), quindi il monte Fasce, con tutta la sua epopea di transumanze, le crèste anticapra e le caselle, il libro di Moreno, che per ragioni inafferrabili tengono nella biblioteca del mio borgo padano, e altro ancora.
A Quinto ci infiliamo sullo stretto marciapiede dell'Aurellia, tra profumi di salmastro e pesce fritto. Il mare non è più in tempesta, ma è ancora pregevole: odio la superficie piatta delle giornate estive, per quella Gea ha creato i laghi. Trovo un'inquadratura che non sarebbe male sfruttare durante una mareggiata per cimire anche questa fotocamera, come la precedente a Punta Chiappa. Nel porticciolo di Nervi dei kayak cavalcano le ondate che si insinuano difftangendosi ogni tanto dallo sbocco sul mare: un puro gioco, senza l'esperienza del viaggio e dell'esplorazione, che trasmetterebbe una pagaiata lungo la costa.
Imbocchiamo la passeggiata Anita Garibaldi, dove la sua fascinazione per i canetti mi fa ricordare che devo regalarle un libro di Erwitt. È poi colpita dalla quantità di iniziali incise sulle foglie delle agavi e dei fichi d'India.
Camminiamo a passo rilassato lungo la mattonata, tralasciando gelaterie, focaccerie e frittumerie, fermandoci invece di tanto in tanto a emozionarci per gli spruzzi delle onde. Purtroppo il Promontorio di Portofino è bidimensionale per la foschia, che lo appiattisce e ne nasconde i dettagli. A ora di pranzo non c'è troppa gente a spasso: possiamo camminare senza dover continuamente schivare qualcuno, ma è comunque troppa per i miei gusti fotografici. Non pochi sono assai coperti, nonostante la temperatura primaverile. Tre giovani influencer dell'Asia orientale vestite eleganti si scattano foto su uno scoglio davanti agli spruzzi. Passata la stazione, dobbiamo scegliere se mangiare la successiva fetta di focaccia su una panchina affacciata sul mare o cercare l'ombra del parco (io sono anche ramarro, lei solo salamandra).

Dopo un paio di fette su un panchina all'ombra dei pini, prima di raffreddarci troppo, andiamo a imboccare una crosa, che sale spesso infossata tra alti muri delle case. Il pendio è infatti densamente edificato da piccole case con giardino, dipinte a colori vivaci. Cerco a lungo invano scorci da fotografare, finché li trovo in una strada: le casette e una motoretta parcheggiata con vista mare. Chi arriva a Genova dall'oltregiogo è colpito dalla grande quantità di motorini, resi possibili dall'inverno mite e necessari dagli spazi centellinati.
Con altra ripida salita arriviamo a una prima chiesetta e poi a quella di Sant'Ilario. Speravo di mangiare una fetta in vetta, come si conviene a un CAI, ma il pedone qui non è previsto: non c'è una panchina affacciata sul panorama, ma solo auto parcheggiate ai bordi della strada. Certo comunque il paesaggio è molto bello: orti con ulivi, la scia del sole sul mare, una grande nave al largo. Scendiamo un trentina di metri, lungo la strada per vedere meglio il Promontorio; ho con me il binocolo, perché contavo di mostrarle le contorsioni dei calcari del monte Antola sotto San Rocco, ma mi serve giusto per individuare le antenne del Beigua. La Corsica sarà visibile domani sera al tramonto, ma una volta l'ha già vista.
Proviamo a inoltrarci lungo la via a fondo cieco a lato della chiesa, sperando di trovare un luogo adatto a una sosta romantica, ma non ci imbattiamo in altro che un locale per bevitori e soprattutto in file ininterrotte di auto e moto parcheggiate, oltre che in un discreto viavai delle medesime, come se fossimo tra il casello e l'outlet di Serravalle.

Imbocchiamo perciò quasi subito un'altra crosa in discesa. Questa si rivela assai invasa da erba alta, nonostante la siccità. Sbuchiamo su una stradina e scopriamo di essere all'interno di un cancello, che è provvidenzialmente aperto grazie al passaggio di una moto, ma si chiude tosto alle nostre spalle. Vedremo dalla cartina che c'è un'altra via pedonale di uscita; tuttavia mi paiono fiduciosi questi benestanti genovesi, che sembrano ritenere i topi d'appartamento così ben integrati nella società che parassitano, dall'evitare i bottini sotto cui non possono parcheggiare l'automobile, come i consumatori i negozi o i rocciatori le falesie.
Continuiamo a scendere per crose. Sull'Aurelia la cartina indica un bagno pubblico, ma è un orinatoio per soli uomini. Come altrove, non ci sono strisce pedonali tra le due crose ai lati opposti della strada. Siamo ormai quasi al mare. Io ignoro del tutto e lei ha rimosso che la stazione di Sant'Ilario esiste realmente ed è a due passi da qui, per cui la manchiamo clamorosamente. Dal web scoprirò che ne ignoravo l'esistenza perché è dismessa da decenni; inoltre è sprangata né tantomeno alcuno ha mai pensato di collocarvi un museo dedicato a De Andrè: c'è unicamente una targa nascosta in una nicchia.
Siamo di nuovo al mare alla rada di Campolungo. Ci affacciamo dall'alto e lei senza indugio mi trascina a sedermi presso la riva, lungo una scalinata di cemento. Ci sono due trentenni fotocopiati che giocano a carte, varie famiglie che prendono il sole, una signora senza complessi che fa il bagno in topless sulla spiaggia sassosa, facendosi trascinare dalle ondate, un signore che cerca di portare in acqua un cane restio. Ci sistemiamo all'ombra, dove la temperatura è decisamente salita rispetto all'ora di pranzo e dove c'è più spazio, perché l'afflusso si sistema nel lato al sole sempre più risicato. Scelgo l'ultimo gradino asciutto e tengo spavaldamente la posizione anche di fronte alle ondate più vigorose, confortato dalle previsioni di moto ondoso in diminuzione e da un'analoga sicumera della gente di mare.
È il momento migliore della gita, in cui mi faccio ipnotizzare dal ritmo del mare e svuoto la mente stando al suo fianco.

Torniamo quindi sulla passeggiata, dove la folla si è infittita, ma ancora non serve camminare a moto browniano. Passiamo dal parco, per riempire le borracce alle fontanelle. I prati sono pieni di gente che sciala al sole o gioca. Visto che è presto, non prendiamo il treno a Nervi come preventivato, ma percorriamo la passeggiata a ritroso. Al porticciolo abbiamo ancora tempo per una sosta sull'affollata scogliera, anche qui tra gente di mare che sfida impavida le ondate. Davanti a una gelateria c'è una lunga coda, che il conformismo associa alla bontà, ma decliniamo.
Il nostro treno Nervi-Voltri è soppresso, per cui dobbiamo prendere il precedente Sestri Levante-Savona in ritardo, dove c'è a malapena qualche posto in piedi. L'aria è così viziata che mi viene il mal di testa. Quando vengo da solo a camminare sui sentieri del Levante, resto ad ammirare il crepuscolo e rientro sui treni meno affollati all'ora di cena, ma stavolta non volevamo fare troppo tardi. A Brignole scende una fiumana e un'altra entra, alla successiva Principe ci aspetta la coincidenza. Anche il treno per Torino è abbastanza pieno.

Galleria fotografica

Genova Quinto - Aurelia
Genova Quinto - Aurelia
Genova Quinto - Aurelia
Genova Quinto - Aurelia
Genova Quinto - Aurelia
Genova Quinto - Aurelia
Genova Quinto
Genova Quinto
Porticciolo di Nervi
Porticciolo di Nervi
Sant
Sant'Ilario
Panorama da Sant
Panorama da Sant'Ilario
Sant
Sant'Ilario
Sant
Sant'Ilario
Campolungo
Campolungo
Campolungo
Campolungo
Porticciolo di Nervi
Porticciolo di Nervi
Carrugio
Carrugio

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Sergio Chiappino

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