Vallone Cravina

Valle Pesio

28 giugno


In un baleno

Un vallone selvaggio e ormai dimenticato da risalire, pareti calcaree, una dorsale erbosa panoramica e fiorita, la lunare Conca delle Carsene, la mirabile mulattiera militare del passo del Duca, il Pis del Pesio, la cascata del Gias Fontana, i cervi allevati e gli animali selvatici, la foresta di abeti bianchi dei monaci. Ha davvero tanti punti di interesse questo lunghissimo anello nel Parco Naturale del Marguareis

Rocce del Cros
Rocce del Cros

Diario di viaggio

Un vallone selvaggio e ormai dimenticato da risalire, pareti calcaree, una dorsale erbosa panoramica e fiorita, la lunare Conca delle Carsene, la mirabile mulattiera militare del passo del Duca, il Pis del Pesio, la cascata del Gias Fontana, i cervi allevati e gli animali selvatici, la foresta di abeti bianchi dei monaci.
Ha davvero tanti punti di interesse questo lunghissimo anello nel Parco Naturale del Marguareis. Si segue il confine per metà giro, in zone poco frequentate, dove incontriamo due persone in sei ore, per poi passare nella zona più turistica, ma non meno bella.

Alla partenza si segue la stradina forestale che si inoltra nel vallone Cravina. Si stacca dalla strada principale poco prima della Certosa di Pesio, in corrispondenza della correria, quella zona separata del monastero in cui vivevano i monaci laici. Essi si occupavano della gestione dei beni e delle attività agricole, mentre i monaci sacerdoti vivevano ritirati nella Certosa, dove conducevano una vita riservata a contatto con i soli confratelli e a tu per tu con il loro Dio.
La pista si inoltra in un fitto bosco di faggi, costeggiando il torrente. Dopo un paio di guadi, si supera nuovamente il torrente, su un terzo guado o su un ponte pedonale. Qui si lascia la pista per un sentiero sulla sinistra, segnalato da una palina e da un ometto di pietra. Il sentiero risale ripidamente il bosco e attraversa qualche radura di erba alta e felci. Non sempre è ben tracciato, specie nei prati, ma tacche sparse qua e là danno una mano a rintracciarlo. Non bisogna solo scoraggiarsi se ogni tanto sembra che si perda nel nulla.
Si attraversa una zona di prati più ampia, di erba alta fino alla cintola, dove il sentiero si riduce a una sottile linea di erba meno densa. Al mattino, la rugiada che la bagna copiosamente inzuppa i nostri pantaloni. Più tardi mi sorprenderò di avere i piedi un po' umidi nonostante gli scarponi nuovi, ma probabilmente l'acqua è arrivata dall'alto. Il vallone qui è molto stretto e incavato, quasi senza pascoli, giusto per le capre (evidentemente il nome non è casuale). Noi siamo su una spalla, mentre il torrente scorre molto al di sotto, in una forra profonda e inaccessibile. In questa zona disturbiamo una femmina di capriolo e il suo cucciolo, che ne stavano tranquilli a brucare l'erba.
Si raggiunge un piano solcato da vari rami del torrente. Una volta c'era un alpeggio, ancora segnato sulla carta, ma ne sono rimaste ben poche tracce. Si guada un torrente, quindi una altro. Qui le tacche scompaiono e bisogna indovinare nell'erba alta il sentiero, che punta verso una parete alla congiunzione di due valloni. Qui troviamo una biforcazione: dalla carta capiamo che dobbiamo prendere a sinistra e infatti, un centinaio di metri dopo, ricompare una vecchia tacca rossa. Si supera un torrente e si risale in una zona infossata sempre più selvaggia, anche segnata da qualche slavina. La vegetazione è lussureggiante e anche un po' invasiva. Guadato un ruscello, l'esile sentiero risale un ripido pendio boschivo con erte serpentine. Il sottobosco resta sempre fitto e fradicio.
La pendenza si riduce quando si guada il ruscello di prima. Nonostante siamo solo a quota 1500, l'impluvio è ricoperto da una spessa slavina. Di qui la traccia si fa sempre più esile fino a perdersi. Siamo pure nel bel mezzo di una nebbia fitta. A posteriori, la strategia più furba sarebbe stata quella di procedere lungo un affluente del ruscello precedente, fino a trovare il guado segnato sulla carta a quota 1850 circa. Invece preferiamo seguire le tacche, che però sono nascoste dai cespugli; perciò più di una volta le perdiamo e siamo costretti a girare a vuoto prima di ritrovarle. Arriviamo comunque al guado, dove il sentiero torna a essere ben tracciato. Ci fermiamo per una pausa proprio mentre la nebbia cala di quota e ci lascia un cielo sgombro, tra una possente parete di calcare (il Baus del Mulo) e prati verdi sospesi sopra i dirupi.
Riprendiamo a in breve siamo al Gias Soprano del Colle, che viene caricato con vacche che sono portate qui dalla val Vermenagna: infatti da quel versante l'accesso è assai più agevole, perché da qui al colletto Mirauda c'è un comodo pendio erboso. Se invece si volesse portare su una vacca per il nostro sentiero, bisognerebbe caricarsela sulle spalle. All'arrivo siamo accolti dal fuggi fuggi delle marmotte, mentre alcuni camosci se ne stanno indifferenti molto più in alto, tra i nevai. Una breve rampa a tornanti regolari e siamo al colle.

Tra i botton d'oro, ci si apre di fronte la vista sulle Alpi Marittime, dove come qui le nuvole salgono dal basso e avvolgono le cime più alte. Il sentiero gira attorno alle Cima Mirauda mantenendo la quota e si dirige verso il colle Vaccarile. Le fioriture, specie di orchidee e rododendri, sono rigogliose e coloratissime. Percorso mezzo giro intorno alla cima, vediamo la verde dorsale tra valle Pesio e valle Vermenagna: la dovremo percorrere prima di scendere al Gias dell'Ortica, nella Conca delle Carsene, che è ancora per buona parte ricoperta di neve. Più lontano la Cima della Fascia e il Marguareis lottano per non essere avvolte da una massa compatta di cumulonembi che arrivano dalla val Roya. Cumuli risalgono anche dalla valle Pesio, ma si dissolvono prima di giungere fin qui.
Ci godiamo perciò un soleggiato pranzo al colle Vaccarile. Mentre il mio compagno di avventura si concede un pisolino, mi incanto ad ammirare l'incessante gorgoglio delle nubi sotto di noi. Di qui un sentiero scende direttamente al gias Fontana. Può essere comodo come via di fuga, ma se non ci sono problemi conviene almeno arrivare al gias dell'Ortica. Infatti la cresta successiva è molto panoramica e rilassante. Contornati vari dossi, si arriva alle pendici del monte Jurin, su cui volendo si può salire con una breve deviazione. Poco prima si passa accanto a una sorgente, che però è troppo esile anche solo per riempire un bicchiere.
Dal Jurin si scende verso una conca di affioramenti calcarei e cespugli di pino mugo. Nonostante sia solo a 2000 metri, è ancora ingombra di parecchia neve slavinata dalle pareti soprastanti. I diversi nevai da superare non procurano problemi di orientamento, perché il sentiero ben segnato e ben tracciato è facile da individuare dopo ogni attraversamento. Con una brevissima salita si è al colle Carbone, da cui si accede alla Conca delle cCarsene scendendo al gias dell'Ortica, il suo punto più basso. Di qui, chi non vuole fare un giro troppo lungo può scendere al passo del Baban e, per un bel sentiero in una faggeta ai piedi di picchi di calcare, calare direttamente alla cascata nei pressi del gias Fontana.

Invece noi decidiamo di salire fino al passo del Duca, per la mulattiera militare che bordeggia la conca. Era destinata a diventare strada, ma lo scoppio della guerra ne arrestò la costruzione. Questo tratto non è dei meglio conservati, ma la zona attraversata è davvero bella: zone dense di pini mughi si alternano a prati fioriti e affioramenti di calcare eroso. Intanto un forte vento soffia da sud. Non è freddo, ma, dalle dense nubi che dalla val Roya si accalcano contro la punta Straldi, porta scrosci di pioggia a cielo sereno. In una pausa asciutta ci concediamo una rapida merenda presso il passo del Duca.
Con uno strato in più, cominciamo a percorrere i tornanti che portano al gias degli Arpi. In questo tratto la mulattiera è conservata meglio: ci sono diversi muraglioni di buona fattura, ma il punto più bello è quello in cui è sopraelevata. Incontriamo qualche escursionista che sale. Finora ne avevamo visti da lontano solo un paio nei pressi del monte Jurin, mentre questa zona è molto più frequentata. Le gocce di pioggia ci regalano un fugace arcobaleno sopra il vallone del Marguareis. Questa zona è molto pericolosa d'inverno, perché molto soggetta a slavine: in effetti più in basso dobbiamo attraversare l'accumulo residuo di una bella corposa. Senza pesare sulle ginocchia, grazie alla pendenza regolare e moderata, giungiamo al gias degli Arpi, dove finalmente troviamo una fonte. Per fortuna oggi non faceva caldo, ma per questa gita è sempre meglio portasi dietro un paio di litri d'acqua.
Al gias lasciamo la militare e scendiamo verso il gias Fontana. Un rombo sordo ci annuncia che il Pis del Pesio è attivo. Dato che il mio amico l'ha visto solo secco, decidiamo di farci una puntata. Lo spettacolo è sempre impressionante. Peccato solo che, a causa del pericolo di caduta massi, oggi non sia concesso andarci sotto. Riprendiamo a scendere e in breve siamo al gias Fontana, dove naturalmente andiamo a vedere la cascata, uno dei miei luoghi preferiti. Oggi poi è particolarmente roboante, grazie alla fusione delle nevi ancora in corso. È impossibile avvicinarsi troppo, pena il lavaggio da testa a piedi garantito. Proseguiamo fino alll'osservatorio faunistico. Un cervo adulto se ne sta in disparte sotto la tettoia, mentre alcuni giovani sono stravaccati in mezzo al prato.
Manca ancora una salita, nel bosco di abeti bianchi piantati dai monaci (questo albero fornisce pregiato legname da costruzione). In questa zona sono davvero da fiaba, specie quando c'e la nebbia o nevica. Purtroppo quest'anno ne sono caduti un bel po'. Al rifugio ceniamo con la polenta. Nel tavolo accanto al nostro un nutrito gruppo di giovani, salito qui in auto, si organizza per il giorno dopo: faranno il giro della cascate, tre ore. Sono questi i percorsi che bisogna proporre per portare nuova linfa tra gli escursionisti? Nessuno ha voglia di godersi tra i monti tutte le sfumature di luce racchiuse tra i blu di alba e crepuscolo?
Terminate le libagioni, nell'ora crepuscolare percorriamo l'ultimo tratto, sulla vecchia militare ora asfaltata che scende alla Certosa.

Galleria fotografica

Baus del Mulo
Baus del Mulo
Verso il Gias Soprano del Colle
Verso il Gias Soprano del Colle
Cima della Fascia
Cima della Fascia
Il Marguareis dal colle Vaccarile
Il Marguareis dal colle Vaccarile
Valle Vermenagna
Valle Vermenagna
Sulla dorsale Pesio-Vermenagna
Sulla dorsale Pesio-Vermenagna
Gias dell
Gias dell'Ortica
Affiormaneti calcarei nella Conca delle Carsene
Affiormaneti calcarei nella Conca delle Carsene
Rocce del Cros
Rocce del Cros
Testa di Murtel
Testa di Murtel
Pis del Pesio
Pis del Pesio
Cascata del Pesio
Cascata del Pesio
Osservatorio faunistico
Osservatorio faunistico
Abeti bianchi - Pian delle Gorre
Abeti bianchi - Pian delle Gorre

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Sergio Chiappino

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