Brec d'Utelle 1604 m
Valle della Vesubie
5-6 maggio
In un baleno
La sera abbiamo mangiato alla francese. Dopo un’insalata nizzarda con formaggio, la parte migliore era del prosciutto arrostito con patate. Totalmente imbevibile era invece il vino, che sembrava aceto: io sono riuscito solo ad annusarlo. Due che erano di fronte a me, Massimo e Davide, ne hanno invece bevuto a garganella, col risultato che il giorno dopo Davide era uno straccio d’uomo ed ha camminato tutto il dì mogio mogio (Max invece è una roccia ed è invulnerabile a questo e a molto altro)

Diario di viaggio
Una due giorni in Francia. Il sabato siamo andati a Nizza e da lì abbiamo risalito la valle del Var e quindi quella di un suo affluente, la Vesubie, che correva tra alte gole. Arrivati ad una frazione, siamo scesi dall’autobus per seguire l’antica mulattiera che conduce ad Utelle, un paese situato a mezza costa su un lato della valle. Faceva caldissimo (un anziano ha avuto un colpo di calore), ma già si vedevano addensarsi le nuvole che dopo pranzo avrebbero scaricato su di noi un’acquazzone. La mulattiera è davvero bella: sembra un lungo muro a secco di pietre bianche. Dopo essere risalita in fretta, procede a mezza costa nella macchia mediterranea e lascia vedere le gole sul fondovalle. Ogni tanto si attraversa un bosco, come nel tratto in cui si è messo a piovere; è stata una fortuna, perché adoro camminare nei boschi sotto l’acqua.
La sera abbiamo mangiato alla francese. Dopo un’insalata nizzarda con formaggio, la parte migliore era del prosciutto arrostito con patate. Totalmente imbevibile era invece il vino, che sembrava aceto: io sono riuscito solo ad annusarlo. Due che erano di fronte a me, Massimo e Davide, ne hanno invece bevuto a garganella, col risultato che il giorno dopo Davide era uno straccio d’uomo ed ha camminato tutto il dì mogio mogio (Max invece è una roccia ed è invulnerabile a questo e a molto altro).
La sera abbiamo dormito variamente distribuiti tra le camere del paese: chi in cameroni con letti a castello in legno che sembravano vecchi come il mondo, chi in un buco in cima ad una ripida scaletta come me.
Il mattino dopo il cielo si era un po’ aperto, così siamo saliti al sole immersi nel profumo del timo in fiore, tra praterie calde e ombrosi boschi di pino nero. Il bello della gita è stata la gran varietà di paesaggi, dovuta al fatto che abbiamo camminato su vari versanti. All’inizio eravamo tra radi boschi e tanto timo fiorito, ma quando abbiamo valicato un colle il paesaggio è cambiato nettamente, lasciando spazio ad ombrosi boschi di pini. Dal colle di godeva di un panorama abbastanza insolito per chi va soprattutto nelle alpi occidentali italiane: montagne a perdita d’occhio e nuvole stupende. Da noi le valli sono corte, le catene strette e le montagne alte, per cui di solito non si vedono monti a perdita d’occhio. Da noi le nuvole sono banchi compatti che risalgono dalla pianura, è assai raro che si vedano i cumuli o altre nuvolette, soprattutto nelle stagioni con più irraggiamento (quest’anno mi è capitato solo una volta a fine settembre). In cima siamo arrivati al limite delle nuvole, per cui il panorama era un po’ bigio, ma abbiamo potuto vedere il mare da lontano.
La discesa è stata di nuovo molto varia, tra boschi, un prato rasato all’inglese da un gregge di pecore, tanto profumo di timo e una temperatura sempre più alta.
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